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Traversata sui Monti di
Confine
di Giovanni Cantoni
Ho sempre
sentito un’attrazione particolare per la catena dei monti di
confine, monti che da secoli hanno vissuto vicende belliche
intrise di violenza e di umanità, di transumanze, dei
passaggi di contrabbandieri per necessità e di bracconieri
per bisogno, monti sui quali, dopo un secolo, insistono
trincee, postazioni e strutture murarie che, sempre più
logorate dal tempo, sembrano ancora raccontare vicende umane
passate: ricordi sussurrati, che si amalgamano con le voci
del vento che le accarezza e consuma.
Per me, le
creste di confine assecondano anche il fascino sottile
dell’ignoto, di quello che ci può essere oltre, forse lo stesso
fascino che alimenta il bisogno di scoperta, che ci accompagna
nel corso della vita, della spinta a cercar di vedere e capire
quello che ci può essere al di là di ogni cosa, di ogni credenza
imposta, di ogni tipo di informazione che riceviamo. E’ anche
per questo, che di recente mi sono incamminato, rigorosamente da
solo, lungo un percorso che, iniziando dalla Val Resia (versante
sud-est delle Alpi Giulie Italiane), prima le attraversa lungo
un itinerario che, al momento, mi sembrava il più remunerativo e
compatibile con la durata delle tappe ed il peso dello zaino
(necessariamente voluminoso) e poi risale la dorsale carnica,
seguendola fino alla sua conclusione in alta Val Pusteria; in
seguito l’itinerario prosegue e si snoda sui Monti di Casies,
quelli della Valle Aurina e poi di Fundres, fino a concludersi
al Brennero. Questo itinerario non presenta difficoltà
alpinistiche, pochi i passaggi attrezzati, richiede tempo a
disposizione, gambe allenate e, soprattutto amore, per
apprezzare maggiormente i luoghi solitari, dove il silenzio si
mescola alle voci che il vento fa emergere da rocce, da fronde e
da prati e balze costellati di fiori di ogni specie, che si
avvicendano col cambiare dell’altitudine e si differenziano a
seconda della tipologia delle rocce sulle quali hanno scelto di
nascere. I calcari delle Giulie, che predominano anche in gran
parte delle Carniche lasciano più ad ovest il posto a gneiss,
scisti e micascisti: i colori dei monti cambiano e con essi
anche le ombre ed i tramonti ed ognuno di essi esprime
sensazioni diverse. Su buona parte del percorso si incontrano
rifugi e bivacchi, utili per il pernottamento, in altri tratti è
indispensabile disporre di tenda e relativo equipaggiamento.
Compatibilmente con le condizioni meteo, mi sento di suggerire
di utilizzare il più possibile la tenda, perché concede massima
libertà; è appagante lasciare alla sensibilità del momento la
scelta del luogo dove passare la notte, quello che ci ispira,
che può essere un angolo segreto oppure un’aperta dorsale: è
comunque in grado di farci sentire in simbiosi con la montagna,
perché il posto di bivacco ottimale dipende in gran parte da
come lo si percepisce nell’istante che lo si sceglie; in tal
modo, osservare nel completo silenzio il tramonto del sole
mentre le nubi sottostanti si infiammano, per lasciar poi il
posto alla magia delle ombre notturne ed alzarsi prima
dell’aurora per vederlo rinascere, può risultare a volte ancor
più appagante dell’intero percorso giornaliero. Un altro
atteggiamento che ritengo importante (naturalmente con
condizioni atmosferiche favorevoli), consiste nel non
prefiggersi una meta ben precisa, ma lasciare la scelta al
momento, avanzando a mente libera e lasciandola arbitra di
governare il passo: in questo modo è più facile cogliere i
personali messaggi che ci possono donare una pianticella di
semprevivo impreziosita dalla rugiada, un semplice ruscello con
le sue mille voci, la forma strana di una roccia che rimanda la
memoria ad eventi passati, mura diroccate che ancor sembrano
raccontare vicende antiche, un tronco abbattuto e consunto dal
tempo, ma non ancora del tutto annullato, che continua ad
elargire vita a larve di coleotteri e a bianche colonie di camedrio. In questo modo e considerando le tante ore di luce
durante l’estate (perché è questo il periodo più adatto, assieme
alla prima metà dell’autunno), quando a sera ci si ferma e si
guarda indietro, stupisce l’incredibile distanza coperta quel
giorno ed il punto di partenza, quando è visibile, si perde
lontano, quasi avvolto dalle prime brume serali. E poi, se è
sereno, sulle creste le notti non sono mai buie del tutto, anche
se non c’è la luna; il cielo non è mai fermo e le stelle
camminando lente sembrano accompagnare il nostro percorso. In
caso di segnali di maltempo, ovviamente è importante non
proseguire su terreni esposti a possibili fulmini
(principalmente creste e dorsali) e prevedere di scendere in
zone più sicure o tanto meglio, se possibile, riparare entro
strutture sicure (bivacchi, rifugi, malghe).
In caso di nebbie,
purtroppo a volte frequenti in estate, specialmente nella prima
metà del percorso, occorre fare molta attenzione nei tratti in
cui la segnaletica o la traccia sono poco evidenti (nella
descrizione di dettaglio dell’itinerario ho evidenziato i tratti
più critici sotto questo profilo). Va previsto
l’approvvigionamento del cibo necessario ( in parte prima della
partenza, poi presso rifugi o malghe che si incontrano nel
percorso, in cui è comunque utile fermarsi a pranzare, o nei
pochi valichi stradali di confine che si devono attraversare).
Per quanto riguarda l’approvvigionamento d’acqua, si trovano
zone dove questa abbonda ed altre in cui essa è povera od
assente (vedi specificazioni nella descrizione dell’itinerario).
Tranne un tratto (Cresta della Pitturina), comunque by-passabile
con altro tratto parallelo (vedi descrizione), l’intero
itinerario non richiede l’uso d' imbragatura da ferrata.
Importante, invece, un buon paio di pedule, già collaudate,
considerando la lunghezza dell’intero percorso. La maggior parte
dell’itinerario si snoda ad altitudini fra 1500 e 2500 metri e
la quota massima che si raggiunge è 2750 metri. Nel mio caso, la
durata complessiva dell’itinerario è stata di 21 giorni, vanno
comunque previsti eventuali giorni supplementari per le soste in
caso di tempo avverso. Sono molte le valli laterali che
lentamente scorrono sul lato sinistro di marcia, per cui,
naturalmente, è possibile interrompere il percorso in caso di
necessità o comunque per propria scelta e riguadagnare,
utilizzando i mezzi pubblici (in modo più o meno efficiente, a
seconda delle zone), il luogo di partenza. Per lo stesso motivo,
l’intero itinerario può essere completato a pezzi, in conformità
alle personali disponibilità di tempo. I tempi di percorrenza
riportati si riferiscono a un passo medio e non considerano
eventuali soste. Le carte topografiche utilizzate ed alle quali
faccio riferimento sono quelle 1:25000 della Tabacco, di cui è
indispensabile dotarsi e precisamente in sequenza i seguenti
numeri: 27-19-18-9-1-17-10-32-35-36-37.
A chi sceglie di
effettuare l’intero itinerario o solo parte di esso, un augurio
di sereno e proficuo percorso. |
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